Nel nostro Paese l’infertilità colpisce un numero sempre maggiore di coppie che, di fronte all’impossibilità di concepire, tentano la strada della Procreazione Medicalmente Assistita (PMA). A seconda delle differenti cause della mancata gravidanza, ogni coppia può essere indirizzata verso tecniche di fecondazione di tipo omologo o di tipo eterologo. Mentre nelle tecniche del primo tipo si utilizzano gameti della coppia, nel caso delle tecniche ‘eterologhe’ i gameti (spermatozoi e/o ovociti) sono di donatori esterni alla coppia.
In Italia, l’accesso alle tecniche di fecondazione eterologa-come tutto l’ambito della fecondazione assistita- è regolato dalla Legge n. 40 del 2004, che, nella sua formulazione originaria, vietava alle coppie sterili di accedere a questo tipo di trattamenti. Questo divieto ha causato per lungo tempo i cosiddetti ‘viaggi della speranza’: molte coppie si sono recate in altri paesi che consentivano di accedere liberamente alle tecniche di fecondazione eterologa. Tuttavia, il 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale, dichiarando illegittimo il divieto di fecondazione eterologa per violazione degli artt. 2, 3, 13 e 32 della Costituzione Italiana, ha di fatto aperto la strada all’utilizzo di questa tecnica anche nel nostro Paese.
La modifica agli articoli della Legge 40/04 relativi all’eterologa è una conquista vera e propria per le coppie che devono farvi ricorso; questo tipo di tecniche, in particolare nel caso della donazione di ovociti, offrono la possibilità di ottenere percentuali di successo più alte, grazie al superamento almeno parziale dell’ostacolo dell’età della futura mamma, al crescere della quale corrisponde una netta diminuzione della fertilità femminile, specie dopo i 37 anni.
Per quanto riguarda l’accesso alle tecniche, come per l’omologa, possono accedere alla fecondazione eterologa le coppie eterosessuali con situazioni di sterilità comprovata di uno o entrambi i partner; i richiedenti devono essere maggiorenni, sposati o conviventi in modo stabile.
Una volta individuati i donatori e resi disponibili per la coppia i gameti, i pazienti vengono preparati alla tecnica più opportuna: come nel caso dei trattamenti omologhi, le strade a disposizione sono diverse e la scelta della più idonea dipende da quale o quali difficoltà specifiche siano presenti. Nel caso di trattamenti con seme da donatore, può essere realizzata una inseminazione intrauterina o una fecondazione in vitro (FIVET o ICSI). Nel caso in cui i gameti donati fossero ovociti, si procede sempre a tecniche di fecondazione in vitro (normalmente ICSI, visto che gli ovociti vengono utilizzati post scongelamento). Stando alla letteratura in materia, la necessità di utilizzare i gameti congelati legata alla indisponibilità di donazioni ‘a fresco’ nel nostro paese non rileva ai fini della riuscita del trattamento, poiché la crioconservazione non altera la qualità intrinseca delle cellule.
L’utilizzo di tecniche di tipo eterologo è in netta crescita. Secondo gli ultimi dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, in Italia nel 2015 sono stati eseguiti 559 cicli di fecondazione eterologa con il liquido seminale di donatore, 1308 cicli sono stati realizzati con ovociti di donatrici e 420 cicli sono stati eseguiti trasferendo in utero embrioni crioconservati dopo un percorso di donazione di gameti.
Vista la rilevanza, anche in termini numerici, delle tecniche di fecondazione eterologa, nel 2017 il Ministero della Salute ha inserito nei cosiddetti nuovi LEA, Livelli Essenziali di Assistenza, l’obbligo per il Servizio Sanitario Nazionale di garantire ai cittadini anche l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita di tipo eterologo. Così, oltre ad essere possibile l’accesso a questa tipologia di trattamenti nei centri privati, anche negli ospedali pubblici è possibile fare ricorso alla fecondazione eterologa; sussistono naturalmente con alcuni limiti: infatti, le donne richiedenti non possono avere un’età superiore ai 43 anni e non possono sottoporsi a più di tre trattamenti.